Charlie Hunnam su DAMAN di Aprile/Maggio 2017

Charlie Hunnam su DAMAN di Aprile/Maggio 2017

Charlie Hunnam DAMAN

Charlie Hunnam è la star della copertina di DAMAN per Aprile/Maggio 2017.

Charlie Hunnam DAMAN Cover

DAMAN ha dedicato la sua cover del numero di Aprile/Maggio a Charlie Hunnam, definendolo “Il Divo della Prossima Generazione”. Oltre al servizio fotografico, all’attore inglese è stato chiesto di parlare dei ruoli che porterà in vita al cinema quest’anno.

Il motivo principale per andare a vedere “King Arthur – Il potere della spada”:

Charlie Hunnam: Perché è fantastico, divertente, originale, badass, due ore di stravaganza. Abbiamo magia, combattimenti, belle ragazze, bei ragazzi e tante risate [ridacchia]. Se dovessi riassumerlo con un solo aggettivo, sarebbe “divertente!”.

Gli adattamenti della leggenda Arturiana risalgono al 1904. In che cosa la versione del 2017 sarà diversa dalle precedenti?

CH: La sensibilità di Ritchie come regista è molto contemporanea, quindi lo stile e il tono del film saranno come una ventata d’aria fresca. La storia è molto diversa da qualsiasi altro adattamento. Artù è sempre stato ritratto come un uomo nobile, che intraprende un’impresa nobile e diventa un re nobile. Guy ha detto ‘Rendiamo Artù una testa di c***o!”. Raccontiamo solo il primo capitolo della storia, quindi rendere Artù combattuto, arrabbiato e spaventato all’inizio conferisce maggior respiro al suo viaggio e lo rende un personaggio più interessante.

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Hai detto che avresti fatto 500 flessioni al giorno per prepararti per il ruolo. Ti sei offerto anche di combattere contro gli altri due contendenti – Henry Cavill e Jai Courtney – quando è stata tirata in ballo la fisicità di Re Artù. Eri davvero così sicuro di poter sconfiggere Superman e Captain Boomerang?

CH: [ride] Stai provando a coinvolgermi in una rissa? Ok, rispondo in ordine. Sì, ho fatto un numero enorme di flessioni per questo film. Non sempre 500, a volte meno, a volte di più. Un giorno ne ho fatte più di 1,050. Ci sono stati giorni in cui non ho fatto nemmeno una flessione. Per quanto riguarda il combattimento.. certo, li batterei entrambi! In verità non sapevo chi fossero gli altri e Guy continuava a tormentarmi per la mia magrezza. Così ho detto “Fanc***o, lottiamo per il ruolo!”. Ma solo per puro divertimento. Rispetto entrambi, non voglio creare problemi.

Come hai fatto a mettere su così tanti muscoli?

CH: Nel solito modo, nulla di eccitante. Ho mangiato tantissimo e mi sono allenato come un pazzo ogni giorno. Preferisco gli esercizi a corpo libero: la maggior parte del mio allenamento erano flessioni, trazioni alla sbarra, dips e squat non ponderati. Facevo anche boxe ogni giorno e un po’ di jiu jitsu.

Charlie Hunnam DAMAN

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Come hai creato il tuo “King Arthur”?

CH: Guy ed io volevamo che fosse un ragazzo normale, cresciuto per strada. E’ super arrogante, e ciò dipende in parte dalla sua sicurezza di sopravvivere con facilità grazie al suo ingegno e astuzia, e in parte è anche un meccanismo di difesa, per mascherare la paura che prova per via dei suoi demoni interiori. Sconfiggere quei demoni e sapere che il proprio ego è il nostro unico vero ostacolo, è stato l’elemento più eccitante nell’esplorare chi fosse il nostro Artù. Ho preso ispirazione da Conor McGregor [UFC Campione dei Pesi Piuma]. E’ spavaldo ma anche un grande studente delle leggi dell’auto-realizzazione. Ho visto un’intervista dove parlava della sua gara dicendo “Non c’è alcun rivale, combatto contro me stesso nell’ottagono.” Questa è la lezione che Artù deve imparare in questo film.

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Oltre a King Arthur, ti vedremo nei panni del Colonnello Percy Fawcett in “The Lost City of Z”, basato su una storia vera. Puoi darci una breve infarinatura sulla trama del film?

CH: “The Lost City of Z” è la storia vera di Percy Fawcett, che fu un grande esploratore Britannico agli inizi del XX secolo. E’ stato l’ispirazione per Indiana Jones. Il nostro film si concentra sulla sua ossessione di trovare e dimostrare l’esistenza di El Dorado – o come la chiama, la Città Perduta di Z – un’antica sofisticata civiltà nel profondo cuore dell’Amazzonia.

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Le recensioni da parte dei critici che hanno visto il film in anteprima sono quasi tutte positive. Secondo te, cos’è che rende “The Lost City of Z” un grande film?

CH: E’ una grande storia con tematiche profonde con cui ci si può identificare. Parla di famiglia, speranza, determinazione, del prezzo dell’ossessione e del conflitto che l’appagamento personale crea con le altre responsabilità nelle nostre vite – nel caso di Percy: essere un buon padre e marito. Oltre ad essere una grande storia, è diretto magnificamente da James Gray. In un ambiente cinematografico dominato dagli effetti speciali e da personaggi archetipici, in contrapposizione a personaggi veri e multi-dimensionali, questo film è un ritorno alla classica narrazione epica. Penso gli spettatori siano di nuovo affamati di questo tipo di filmografia.

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Com’è stato trascorrere mesi a filmare nella giungla della Colombia?

CH: Ero felicissimo di poter far parte di questo genere di cinema, ed ero determinato a fare qualsiasi cosa in mio potere per contribuire a rendere il film di grande impatto. Filmare nella giungla ha aumentato la mia abilità d’impegnarmi al 100%, visto eravamo privi delle distrazioni delle nostre vite quotidiane. E’ stato meraviglioso provare quell’ambiente. Siamo andati in luoghi ben lontani dalle guide turistiche.

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Cosa ti è passato per la mente quando la tua avventura Colombiana stava per finire?

CH: C’è sempre una fase di lutto quando devi lasciar andare via un personaggio, dopo aver trascorso tanto tempo per imparare a conoscerlo e si spera arrivare ad amarlo. Più ti addentri nel processo, più la reintegrazione può essere estremamente difficile. Questa è stata una delle esperienze più profonde che abbia fatto, pertanto liberarmene è stato doloroso. Ma ero orgoglioso di ciò che avevamo fatto, sapevo avevamo dato tutto, quindi c’era anche un senso di soddisfazione.

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Apparirai anche in “Papillon”, remake di un film e adattamento di un romanzo sul “75% di storia vera” di Henri Charrière. Il libro è stato un bestseller mentre il film del 1973 è stato un successo commerciale e di critica. Come pensi gli appassionati di cinema del 2017 reagiranno a questo remake?

CH: Inizialmente ero reticente all’idea di rifare un film così amato, ma ero anche un grande fan del regista, Michael Noer. Dopo diverse conversazioni con Michael, ho deciso che essendo basato sul “75% di storia vera”, avevamo l’occasione di fare un adattamento indipendente, esplorando ciò che ci interessava della storia e del mondo della prigione coloniale della Guiana Francese. Questo ci ha liberato dal concetto di remake. Il processo è diventato esaltante dopo ciò e Michael ed io abbiamo trascorso parecchio tempo a fare ricerche, trovare cosa ci interessasse di più e come creare questa storia nel modo più pertinente possibile per il pubblico moderno. Spero gli spettatori accoglieranno il nostro film valutando i suoi meriti, senza fare paragoni con il primo adattamento.

Nella vita reale come nel romanzo e nel film del ’73, Henri Charrière ottiene il suo finale felice. Tuttavia, la sua avventura è alquanto tragica. Come ti sei preparato per calarti nel ruolo di un uomo così?

CH: Sapevo il processo sarebbe stato emotivamente stimolante. Una cosa che mi ha aiutato enormemente è stata aver girato il film in sequenza. Ciò ha permesso alle relazioni tra i personaggi e a quell’ambiente particolare di crescere giorno dopo giorno. Dovevo perdere molto peso, cosa che avevo già fatto in “The Lost City of Z”, e di per sé ciò crea uno stato emotivo che può essere molto utile. Inoltre, c’è sempre un senso di responsabilità, derivante dall’interpretare persone vere, che ti mantiene concentrato. Alla fine dei conti, devi soltanto dare tutto quello che puoi e sperare per il meglio.

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Fra tutti i film e le serie tv che hai fatto, quale è stata la pietra miliare più importante nella tua carriera?

CH: “Sons of Anarchy” è stata in assoluto la più importante. Sono diventato un uomo lavorando in quella serie, e la maggior parte di ciò che so sulla narrazione e la recitazione l’ho imparata da quell’esperienza.

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Qual è stata la battuta più entusiasmante, badass o impressionante che hai avuto il piacere di pronunciare di fronte alla telecamera?

CH: In “Cold Mountain”, prima di uccidere l’eroe del film, interpretato da Jude Law. Siamo sul punto di spararci e gli dico:

Io: “Sai cosa ho dalla mia parte?”

Jude: “Che cosa hai dalla tua parte?”

Io: “L’arroganza della gioventù”.

E poi gli sparo. Boom.

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