Ron Perlman tra i Best Villains di GQ

Ron Perlman è stato inserito tra i “Best Villains” della rivista GQ USA, tra i 7 attori (Mark Strong, Malcolm McDowell, Jack Gleeson, Benecio Del Toro, John Hawkes, Walton Goggins) scelti per il lavoro epico che hanno svolto interpretando il “male”. Di seguito potete leggere una lunga intervista a Ron e guardare il video dal titolo “Evil Insticts” creato per l”occasione, con protagonista il nostro Clay di Sons of Anarchy, e diretto da Nadav Kander…

Il 62enne attore Ron Perlman ha eseguito la maggior parte delle sue migliori interpretazioni sotto pesanti strati di trucco. Nel ruolo che lo rese famoso nel 1987, interpretando Vincent nella serie TV “Beauty and the Beast”, ha portato una feroce sensibilità ad un bruto romantico, in “Hellboy” di Guillermo Del Toro, ha interpretato il demone più affascinante del film. In “Hellboy” e “La Città dei Bambini Perduti”, Perlman usa il suo fascino ed empatia da contrappunto al suo aspetto temibile, in altri, tra cui “Alien: la clonazione” e “Drive”, li usa per terrorizzare e intimidire. Ma, come Clay Morrow – il padrino della gang di motociclisti che infrange qualunque legge e spacca qualsiasi cranio per proteggere la sua famiglia nella serie della FX “Sons of Anarchy” – arriva a giocare con tutto il suo arsenale: a volte caldo e affascinante, a volte feroce e vizioso, ma sempre profondamente basato su dei principi. E” la performance decisiva della sua carriera. Ma come ci è arrivato?

GQ: Che cosa ti spaventava di più quando eri bambino?
Ron Perlman: Le sabbie mobili. La prima volta che ne ho vista una era forse in un film di Tarzan. Ho chiesto a mio padre di spiegarmi che cosa fosse quella “cosa” in grado di prendere un uomo e di non permettergli alcuna possibilità di salvarsi. E” stato terrificante per me. C”è stato un lungo periodo di tempo in cui ho voluto vedere solo quei film che erano stati girati in città. Quello potrebbe includere una scena con sabbie mobili? Allora preferisco rimanere a casa.

GQ: Sei cresciuto nel Bronx a New York. E” una cosa di cui deve temere un ragazzino di città.
Ron Perlman: Sì, non volevo andare a vedere western, non volevo andare a vedere i film nella giungla. E poi sono andato in gita scolastica nel giorno di apertura di Lawrence d”Arabia. Ho detto: “Beh, questo dovrebbe essere abbastanza sicuro.” E c”è quella scena terribile in cui il bambino e il cammello scendono nelle sabbie mobili, che probabilmente mi è costata quaranta o cinquantamila dollari in psicoterapia.

GQ: Quali villain ti hanno spaventato di più quando eri un bambino?
Ron Perlman: Lo hanno fatto tutti! Avevo molta paura di Edward G. Robinson. Anche quando interpretava il bravo ragazzo, era così a senso unico e non negoziabile. Era come “My way or the highway” (modo di dire per indicare una persona che se non fa ciò che gli si dice, allora è meglio che se ne vada, n.d.r.). Probabilmente ha fatto questo in modo più efficace di chiunque altro. Se ti cacciavi in un guaio con Eddie, eri morto. E ci credevi. Esplodeva fuori dallo schermo. Ma il mio cattivo preferito di tutti i tempi è stato qualsiasi personaggio interpretato da Basil Rathbone. Non ho mai visto nessuno superarlo. In “La leggenda di Robin Hood” e “Captain Blood” era il perfetto contrasto per Errol Flynn. Aveva la stessa quantità di brio, ma in un modo oscuro, al contrario delll”aura luminosa di Errol il fanfarone. Era davvero facile odiarlo e ti ossessionava nei tuoi sogni.

GQ: Un cattivo ti è mai apparso nei tuoi sogni?
Ron Perlman: Oh, ogni notte. Alcuni di loro sono abbastanza vivaci.

GQ: Puoi farmi un esempio?
Ron Perlman: Padroni di casa – tanti- Agenti esattori delle tasse. Persone che mi danno la caccia per qualcosa che credo non devo dare. Persone che vogliono qualcosa da me che trovo impossibile. Con tutti loro, ci sono minacce di morte imminente.

GQ: Quali sono le altre prestazioni di villains che hai ammirato?
Ron Perlman: Le due performance più terrificanti portate in scena da qualsiasi attore vivente sono state fornite da Robert De Niro in “Cape Fear” e “Gli Intoccabili”, quando interpreta Al Capone. Non credo di esser stato più colpito in vita mia dalla minaccia e la potenza di quella mentalità gangster, e ci sono stati alcuni grandi Al Capone nel corso del tempo. Ma il suo era davvero, davvero inquietante. Oh, e Joe Pesci in “Quei bravi ragazzi”. De Niro è abbastanza spaventoso anche in questo, ma è superato da Pesci.

GQ: Ti capita mai di attingere dalle tue paure quando stai interpretando un cattivo?
Ron Perlman: Mettiamola così: ho sicuramente bisogno di capire i cattivi che interpreto. La causa del dolore che anestetizza loro stessi contro il proprio dolore. Capire ciò rende il cattivo ancora più spaventoso perché adesso sono reali e non solo puramente male. Una volta capita l”insaziabilità di quelle motivazioni, quella persona assume una dimensione che è più interessante da guardare. Inoltre se è fatto in modo efficace, può essere molto commovente.

GQ: Pensi che i cattivi nascono cattivi, o pensi che diventino cattivi?
Ron Perlman: Mi piace credere che ognuno nasce con la stessa serie d”abilità, e poi ci sono le influenze che incontri nella tua vita. Quello che lui brama sarà sicuramente influenzato da ciò che ha o non ha ottenuto negli anni in cui stava formando la sua psiche e i suoi valori. Perciò penso che cattivi si diventa. Più posso vedere cosa li ha resi ciò che sono, più interessante è per me interpretarne uno e forse per il pubblico assistere.

GQ: Interpretare Vincent nella serie tv “La Bella e la Bestia” ha davvero plasmato la tua intera carriera. Sapevi sin da allora che potevi indurre paura?
Ron Perlman: Vincent, la Bestia, online roulette era la quintessenza che prendeva forma dalla sensazione di disagio che si ha da bambini. Mi sono sempre sentito fisicamente imbarazzante. La fiducia in me stesso non è venuta dal mio aspetto, è venuta da altre cose che ho fatto. Ma non di certo dal mio aspetto. Quando arrivava la lotta tra la bellezza o la sua mancanza, vi era un grande abisso. Penso che probabilmente il momento fondamentale per me, dove ho visto un essere umano che non sembrava affatto come il personaggio che stava interpretando, con una performance di proporzioni mostruose, ma con tanta umanità, è stato quando ho visto Charles Laughton ne “Il gobbo di Notre Dame”. Penso che mi si è accesa una lampadina. Era il più bello, era il più umano, era il personaggio più interessante in quel film, e tuttavia fisicamente era ripugnante. L”idea che tale poesia possa esistere in umanità mi ha veramente commosso. Arrivare ad intepretare la Bestia, voglio dire, letteralmente qualcuno che è del tutto inaccettabile in un contesto sociale, e deve vivere in una regione inferiore, ma che anela al contatto umano, perché i suoi impulsi umani e gentilezza sono più forti della maggior parte degli umani, era una cosa enorme. Ciò che fa uscire la bestia in lui è qualsiasi ingiustizia, qualsiasi cosa che abbia a che fare con una mancanza di equilibrio e di equità. La sua reazione a queste circostanze, è violenta e opportunamente violenta, direi. Quella fu la prima volta che ho avuto la possibilità di interpretare quel tipo di personaggio. E” stato l”incontro di tutta questa roba che rombava dentro di me e quello che ho risposto al gobbo. Era la mia occasione per imprimere il mio marchio su questo dilemma umano.

GQ: Ci sono cattivi per cui hai tifato?
Ron Perlman: Oh sì, tonnellate. Heath Ledger ne “Il Cavaliere Oscuro” e il suo antenato, Jack Nicholson, nella prima venuta del Joker. Ragazzi che sono eccessivi e teatrali e deliziosamente imprevedibili: sono molto più interessanti rispetto ai buoni per la maggior parte del tempo. Hanno questi strati psicologici a cui un pubblico può davvero aggrapparsi, rimanere affascinato, molto più rispetto a questi leali, mono-dimensionali, bravi ragazzi dalla mascella quadrata. Faccio costantemente il tifo per il cattivo perché è chiaramente l”invenzione più interessante dell”opera o dovrebbe esserlo se si tratta di una parte molto sofisticata, molto ben resa dalla scrittura. Jack Nicholson e Ledger erano più interessanti di chiunque altro su quello schermo.

GQ: Quando ti viene offerto un ruolo da cattivo, cosa cerchi nello script?
Ron Perlman: Non ho mai voglia di interpretare un personaggio le cui azioni violente vengono fuori dal nulla. E” un qualcosa di gratuito per me. Tutti i miei ruoli sono come i miei figli, non ho preferiti, ma mi piace Clay Morrow di Sons of Anarchy, perché Kurt Sutter ha fornito un sistema di valori per questo ragazzo che è molto familiare, è davvero radicato nell”amore per la gente che sta rappresentando, la gente che sta proteggendo. E” il presidente di questo club. Si tratta di una grande famiglia allargata, per la quale è responsabile. E” un leader nato, perché non c”è nulla che non farebbe per la sua famiglia. Quando compie un atto terribile, che lui è più che capace di fare – due turni in Vietnam, un marine pluridecorato… – lui non è mai gratuito. Scaturisce da qualcosa che viene dal suo sistema di credenze. Quindi non lo considero violento. E” violento, ma lo considero qualcosa che è organico e annunciato, come per dire “Il ragazzo se l”è meritato”. Quando puoi giustificare la violenza terribile in quel modo, allora si sta parlando di una parte che vale la pena di prendere e darci un”occhiata. Questa è la natura del grande teatro e di un grande film.

GQ: Pensi che Clay si veda come un cattivo ragazzo?
Ron Perlman: No, Clay si vede come un eroe. Clay si vede come un uomo solo che nessuno potrà mai realmente capire, perché la gente non può capire cosa vuol dire essere responsabili per il bene superiore e per il benessere di tutti. Fino al punto in cui devi sacrificare uno dei tuoi per il bene maggiore. Non c”è niente di più terribile di quello, ma anche l”omicidio può essere giustificato in quanto la cosa giusta da fare. “Il Padrino” è il più grande film mai realizzato. Noi facciamo come i nostri gangster. Guarda Don Corleone e tu provavi qualcosa per lui. Sai, “Guarda di cosa devo prendermi cura qui… Sono responsabile di un impero e se non lo capisci, è un fo**uto problema”.

GQ: Ci sono così tanti stereotipi sui bad-guy. Non ti preoccupi dei luoghi comuni?
Ron Perlman: No. Voglio dire, se hai il potenziale di quello che ho cominciato a descrivere, vale a dire personaggi che hanno un incredibile magnetismo, profili psicologici interessanti, anche se sono orribili, e trovi la verità di quel che stiamo costantemente cercando di fare, allora questo non è un cliché. Non importa quante volte l”hai visto. Se è un organismo vivente e che respira, che è davvero il lavoro dell”attore, allora non è un cliché. Se mi cogliete nel farlo con leggerezza, allaora siete pregati di mettermi in prigione e ritirarmi la mia carta SAG.

GQ: Hai lavorato molto con il trucco e le protesi. Cosa ci si sente quando ci si guarda allo specchio e vedi qualcosa che non sei tu?
Ron Perlman: Quando stai interpretando un personaggio che è trasformato, che non sembra per niente come te, che è un”invenzione che scaturisce dall”immaginazione di un altro artista, è diverso dall”interpretare un cattivo con la mia faccia. In altre parole, io e [il capo degli effetti speciali] Ric Baker abbiamo letto lo stesso script de “La Bella e la Bestia” ma lui ha visto una cosa e io ho visto tutta una serie di altre cose. Così sono andato e ho fatto il mio compito, e prendo le mie decisioni in merito agli aspetti umani, gli aspetti comportamentali. Ma ho riservato tutte le mie decisioni finali e ho atteso con gli occhi chiusi fino a quando lui ha detto: “Okay, spalanca”. E ci fu la Bestia. Questo tipo di trasformazione influenza tutto, il mio modo di camminare, quanta energia sentivo di dover provare… Quando è una creazione astratta come “Hellboy” o Salvatore ne “Il Nome della Rosa”, o la Bestia, non prendo le mie decisioni definitive fino a che non vedo [il trucco] perché inciderà su quello che faccio.

GQ: Che cosa i cattivi hanno in comune con gli eroi?
Ron Perlman: Un codice. Con un eroe, è un codice ammirevole, ben radicato, che indica sempre il giusto percorso. E il codice di un cattivo va in corto circuito da qualche parte lungo la strada, pensa che sia giusto, ma è per lo più a proprio uso e consumo, e non ha nulla a che vedere con l”altruismo. Ma sono entrambi determinati a effettuare alcuni cambiamenti nel mondo – alcuni per il bene e altri non tanto per il bene.

GQ: E” mai stato difficile scrollarsi di dosso una parte?
Ron Perlman: Quando ero più giovane era più difficile. Ora, quando dicono “Cut”, tiro fuori un panino.

GQ: Qualche cattivo del mondo reale che ti piacerebbe interpretare?
Ron Perlman: Mi piacerebbe tentare di fare qualcosa su Rasputin, sarebbe una psiche interessante da approfondire.

GQ: Nella vita reale, quale percentuale di male diresti di avere?
Ron Perlman: Non mi considero malvagio, mi considero risoluto. Se qualcosa mi sembra folle e ingiusta, non posso tollerarla. Se colpisce qualcuno che amo, allora possono accadere brutte cose. In questi casi, sono risoluto ad agire. Risoluto è diverso da malvagio. Anche se ci sono queste strane fantasie [adotta una voce minacciosa] che ti dirò quando avremo la nostra prossima conversazione. Mi dispiace. Sono solo fantasie. Il mio strizzacervelli ha dichiarato di essere d”accordo, proprio prima di averlo ucciso.

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