RIFLESSIONI DI KURT SUTTER

Kurt Sutter ci porta un po’ nel suo mondo, sul suo blog ci parla delle sue difficolta’ di scrittore.

Sons of Anarchy Italia ha tradotto per voi queste riflessioni. In fondo alla pagina troverete il link alla fonte nel caso lo voleste leggere in lingua originale.

“Guardo alcuni dei miei colleghi sceneggiatori con stupore. Uomini e donne che creano e mandano avanti piu’ di uno show alla volta. E’ stupefacente per me. Non riesco proprio a capire come riescano a impegnarsi in diversi progetti alla volta, mandarli avanti con successo… ma alcuni lo fanno. Posso immaginare che l’unico modo per farlo sia delegare alla grande. Circondarsi di uno staff che puo’  esprimere la tua esatta visione delle cose senza degradare la qualita’. Sostanzialmente lo scrittore diventa una cooperazione di scrittori il cui obbiettivo primario e’ il contenuto. Quel contenuto viene poi prodotto in massa da un processo e da una formula accertata.

Non sono certo di poter fare una cosa del genere.  Non sono fatto cosi’. L’incapacita’ parla alla mia natura ossessiva.  Io ci scherzo su, ma la realta’ e’ che sono cosi’ possessivo del mio show, che non potrei immaginare di non dedicarci il 100% di me stesso. Non e’ che non riesco a delegare o che non mi fidi del mio staff, lo faccio, e’ solo che sono cosi’ compulsivo sui dettagli che dubito che riuscirei a concentrarmi ossessivamente su piu’ di una cosa alla volta.

Faccio sempre qualcosa al di sopra delle mie lacune, ho bisogno di pulirmi creativamente il palato. Quest’anno sto vendendo un progetto di reality e sto scrivendo un film che si sovrapporra’ all’inizio della nuova stagione di SOA, ma avro’ finito prima di dovermi dedicare veramente allo show. Se dovessi modellare la mia carriera su quella di qualcun’altro, sarebbero i tre David — Simon, Chase e Milch. Questi tre, sono i miei eroi creativi. Visionari. Ragazzi che si sono inseriti in uno show, li hanno resi brillanti e tali sono rimasti fino alla fine. Poi trovarono la successiva storia appassionante e ricominciarono da capo. Nel caso di Simon, cavoli, avere The Wire e Treme sul proprio curriculum… Cazzo, quanto puo’ essere straordinario? Questa e’ la carriera che voglio.

Per quanto il mio ego e la mia natura competitiva vorrebbero tanto mettere in piedi e produrre una dozzina di show su diversi network, secondo il mio modo di essere e’ antietico. Non sono diventato uno scrittore per fare soldi. So che vi sembra una stronzata, ma e’ la verita’. Ho passato quasi 20 anni cercando di capire chi ero come uomo e come artista. E’ stato un doloroso, tortuoso sentiero pieno di apatica inutilita’, autocommiserazione, dipendenza e centinaia di relazioni finite. Quando l’emorragia fini’ e il fumo nero svani’ il sentiero mi porto’ alla scritture. Diventare uno scrittore non fu una scelta per la carriera ma una scelta di sopravvivenza. E’ tutto cio’ che ho. Mi definisce. E’ questo il motivo per cui odio i periodi inattivita’. Non so chi sono quando sono senza una sceneggiatura sulla mia tastiera. Questo probabilmente suona come un’esaltante stronzata… e non lo so, magari lo e’, ma e’ cio’ che penso oggi. Questo e’ il motivo per cui scrivere solo per soldi e potere mi sembra come respingere l’intuizione.

Penso che molti vengano spinti a scrivere dal denaro. Alcuni sono mal consigliati da avidi agenti e manegers. Alcuni vengono intrappolati nella loro onda del successo e non riescono a fermare la marea. E alcuni adorano semplicemente il gioco del vincere. Piu’ soldi, piu’ potere, piu’ titoli, piu’, piu’, piu’… Mi chiedo soltanto quanti di loro si sentono appagati. Veramente, soddisfatti creativamente. Con la sensazione che stanno facendo qualcosa che conta. Qualcosa che porti onore alla professione dello scrittore. Forse lo fanno tutti. Questo non e’ un esprimere giudizi, e’ una domanda. Una passione, veramente.  Probabilmente mandata avanti per invidia, forse per pieta’. Non ne sono sicuro. Come tutti i miei post, questo e’ il fiume della mia coscienza oggi. Domani potrei avere un’opinione completamente diversa.

Ad ogni modo, cio’ che ne consegue — che non era lo scopo di questo post. ma nonostante tutto, vero — Io me ne vado con gratitudine. Al di la’ di tutte le mie congetture e pompose opinioni, sono fottutamente grato di aver trovato la mia voce. Una voce che posso condividere con altri, una voce che mi permette una vita confortevole per me stesso e la mia famiglia. La voce di uno scrittore.

E grazie a dio, non sono Sutterink.”

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