SOA 7: Titoli e date dei prossimi episodi

soa final season

Sono stati rilasciati i titoli e le rispettive messe in onda dei prossimi episodi di Sons of Anarchy, dal settimo all’undicesimo episodio dell’ultima stagione.

Episodio 7.07 “Greensleeves”: 21 Ottobre 2014
Episodio 7.08 “The Separation of Crows”: 28 Ottobre 2014
Episodio 7.09 “What A Piece Of Work Is Man”: 4 Novembre 2014
Episodio 7.10 “Faith and Despondency”: 11 Novembre 2014
Episodio 7.11 “Suits of Woe”: 18 Novembre 2014

Considerando che prevedere cosa accadrà in SoA è praticamente impossibile, possiamo almeno tentare di analizzare un po’ questi titoli, anche se senza dubbio Sutter ci stupirà con le sue scelte narrative che ribalteranno completamente ogni nostra previsione! 

GREENSLEEVES: è una famosissima melodia folk di tradizione inglese.

La leggenda narra che a comporre il brano sia stato Enrico VIII d’Inghilterra (1491-1547) per la sua futura consorte Anna Bolena. Pare infatti che quest’ultima avesse una malformazione ad una mano e ciò la costringesse a coprirla con delle lunghe maniche (di qui potrebbe derivare il titolo Greensleeves, “maniche verdi”; ma potrebbe anche essere una modifica di un precedente Greenleaves, cioè “foglie verdi”).

In realtà, è più probabile che l’anonimo autore, forse un amante tradito da una donna di facili costumi, abbia scritto questa canzone verso la fine del XVI secolo, successivamente quindi alla morte di Enrico stesso.

Su questo tema di Greensleeves sono state fatte variazioni, la più famosa è stata quella di Ralph Vaughan Williams che è entrata nella top 200 delle più belle musiche classiche.

WHAT A PIECE OF WORK IS MAN: La frase tradotta in italiano “Che sublime capolavoro è l’uomo!” proviene dall’Amleto di Shakespeare, principe di Danimarca, Atto II, scena 2, ed è spesso usata per riferirsi a tutto il discorso che contiene questa frase.

Il monologo, pronunciato nell’opera dal principe Amleto in presenza di Rosencrantz e Guildenstern, è il seguente:

AMLETO: E vi dirò perché; così io stesso
anticipo la vostra confessione,
e così la promessa di segreto
fatta da voi al re e alla regina
non perderà una penna.
È un po’ di tempo che, non so perché,
ho perso tutto il mio brioso umore,
tralasciato ogni usata occupazione;
e ciò grava a tal punto sul mio spirito
che questa bella struttura, la terra,
mi sembra un promontorio senza vita,
questo stupendo baldacchino, il cielo,
questa splendida volta, il firmamento,
questo tetto maestoso,
ingemmato di fuochi d’oro… ebbene,
per me non è nient’altro che un odiato
pestilenziale ammasso di vapori.
Che sublime capolavoro è l’uomo!
Quanto nobile nella sua ragione!
Quanto infinito nelle sue risorse!
Quanto espressivo nelle sue movenze,
mirabile: un angelo negli atti,
un dio nell’intelletto!
La bellezza dell’universo mondo!
La perfezione del regno animale!
Eppure che cos’è agli occhi miei
questo conglomerato di terriccio?
L’uomo per me non ha alcuna attrattiva…
e nemmeno la donna, anche se voi
con quel vostro sarcastico sorriso
sembrate dire che non è così.

FAITH AND DESPONDENCY: “Fede e sconforto” è una poesia scritta da Emily Brontë, contenuta nel volume “Poesie di Currer, Ellis e Acton Bell”, pubblicato congiuntamente dalle tre sorelle Brontë, Charlotte, Emily e Anne nel 1846. E’ il loro primo lavoro mai stampato e per eludere il pregiudizio moderno contro le scrittrici, le sorelle Brontë adottarono nomi androgini. Tutte e tre mantennero la prima lettera dei loro nomi: Charlotte divenne Currer Bell, Anne divenne Acton Bell, e Emily divenne Ellis Bell. La prima edizione non riuscì ad attrarre l’interesse dei lettori, con solo due copie vendute. [Testo in originale – QUI -]

“SUITS OF WOE”: altra citazione proveniente dall’Amleto di Shakespeare. Nell’Atto I, Scena 2, Amleto parla a sua madre, e prende in giro la sua mancanza di dolore per suo padre, il marito morto. Amleto intende che il suo dolore per il padre è genuino, “va oltre la mostra”, prova un sentimento che non può essere mostrato tramite “gualdrappe e livree del dolore” – i suoi abiti neri e il volto afflitto.

AMLETO: Sembra, signora? No, non sembra, è;
io non conosco “sembra”.
Non è soltanto il mantello d’inchiostro,
buona madre, né il mio vestir consueto,
sempre così solennemente nero,
né il sospirar violento del mio petto,
né il copioso fluire dei miei occhi,
né l’aspetto contratto del mio volto
con gli altri segni e mostre del dolore,
ad esprimere il vero di me stesso.
Di tutto questo si può dir che “sembra”,
perché questi son tutti atteggiamenti
che ciascuno potrebbe recitare.
Ma quel che ho dentro va oltre la mostra…
queste esteriori son tutte gualdrappe,
e livree del dolore, nulla più.

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