Charlie Hunnam su Los Angeles Times

Charlie Hunnam su Los Angeles Times

Charlie Hunnam Los Angeles Times

Charlie Hunnam è stato intervistato dal “Los Angeles Times” definendolo come ‘Star riluttante e anima esistenzialista di Hollywood”.

Un British della classe operaia che da bambino divorava film e letteratura americana. Un rubacuori che evita ruoli da rubacuori. Una creatura di Hollywood che critica apertamente la macchina di Hollywood.

Questo è il ritratto che Steven Zeitchik del Los Angeles Times dipinge di Charlie Hunnam. Nell’intervista toccano vari argomenti, spaziando da progetti cinematografici alla sua personalità, facendo emergere un’anima candida e apparentemente intrappolata in un corpo da attore Hollywoodiano.

Charlie Hunnam Los Angeles Times

Di seguito alcuni estratti dell’intervista:

sul suo personaggio in “The Lost City of Z”

“Per me, Fawcett rappresenta la ricerca di un senso che tutti noi abbiamo – una ricerca terribile, bellissima e divina. Non stava trovando alcuna risposta nella società; trovava la sua vita completamente insoddisfacente. Ma c’era questa voce che gli chiedeva: ‘Che cosa stai facendo, cos’è questo buco nero disperato e come si può colmare?’ La maggior parte di noi lo riempie con idiozie senza senso – con il consumismo. E lui pensò che questa ricerca l’avrebbe aiutato a far tacere quella voce.”

Sulla sua visione ‘cupa’ del mondo:

“Non presto molta attenzione a cosa sta succedendo nel mondo. Suppongo derivi da un profondo pessimismo. Tutte le sfide che stiamo affrontando – la mancanza d’acqua, la sovrappopolazione, il cambiamento climatico, i social media.

Sento che stiamo galoppando rapidamente verso un’apocalisse – abbiamo superato la massa critica. Lo so è un punto di vista macabro. Ma non sono malinconico. E’ solo che Trump o la Brexit o qualsiasi altra cosa – che differenza fa? E’ difficile restare coinvolti in tutto ciò.

Hunnam, che ora vive a Los Angeles, ha trascorso la sua infanzia a Newcastle, poi si è trasferito con sua madre e i suoi fratelli nell’area rurale del Lake District. I suoi genitori divorziarono quando era bambino, ma ha mantenuto un’approccio di venerazione verso il padre, una figura temuta e gargantuesca che ha accumulato una fortuna negli anni in cui lavorava nel losco commercio degli scarti metallici.

Anche se non più in vita, Hunnam Senior ha un peso notevole nella psiche dell’attore – “un colosso che è stato incredibilmente ben rispettato e temuto”, in un luogo in cui la popolarità si misurava in base a quanto duramente lottavi.

E’ stata una delle ragioni per cui il giovane Charlie si è cacciato in molti guai da adolescente, sebbene fosse interessato più ai film che ai pugni.

La vita dura e la lotta di classe è presente anche nella storia di Percy Fawcett: di origini umili, l’esploratore ha lottato contro una classe nobile sospettosa verso persone di basso rango.

“Nei giorni in cui mi sento più sicuro, traccerei paralleli tra la sua vita e la mia – da che cosa scappava e verso cosa correva, la determinazione e l’indomabilità anno dopo anno. Mi ha colpito come una tragedia – una vita di sacrifici, disciplina e speranza per essere premiato solo con il fallimento.

Nonostante abbia goduto di successo nella mia carriera, ho dovuto sopportare anche un’enorme quantità di fallimento. Fawcett si sentiva a casa nella giungla perché non si sentiva a casa da nessun’altra parte, proprio come io mi sento davvero a casa sul set. Quando ho avuto questo ruolo, ho visto parallelismi e rinnovata speranza – ho capito fosse la miglior opportunità che abbia mai avuto.”

Charlie Hunnam Los Angeles Times
Charlie Hunnam insieme a James Gray, regista del film “The Lost City of Z”.

Sul perché non ha accettato il sequel di “Pacific Rim” di Guillermo del Toro:

“Non era qualcosa di creativamente interessante. Mi sono guardato indietro e non posso giustificarlo. Non sarei dovuto essere in quel film.”

Su “50 Sfumature di Grigio”:

“Ho temuto leggermente che la mia aspirazione per il ruolo si sarebbe trasformata un’impresa eccessivamente difficile, che avrebbe dovuto esistere più nel contesto del libro. Mi sono reso conto che stavo cercando di reinventare un po’ troppo Christian Gray. Così ho fatto un passo indietro.”

Sulle riprese di “Lost City”:

“Si è diffusa quest’idea che fosse difficile filmare in un ambiente naturale e selvaggio. E’ nata dopo ‘The Revenant’: tutti volevano raccontare questa storia. Penso sia una mossa di P.R. Non è stato davvero così arduo.”

Charlie Hunnam non ha un pubblicista e non è sicuro di volerne uno:

“Quando da ragazzo ho letto ‘Il Giovane Holden’, sono rimasto influenzato dall’idea di non voler essere falso, ipocrita. Mi chiedo che tipo di analisi Holden Caulfield avrebbe per tutto questo.”

Ma ci sono persone come Fassbender, Ryan Gosling e un milione di altri esempi che hanno navigato tra i due poli di arte e affari in maniera molto elegante.”

Taylor Sheridan, l’attore (poi diventato cineasta) che in SoA ha interpretato il vice-capo David Hale  ha detto di Charlie: “E’ un uomo d’altri tempi – un artista privo di ego che si preoccupa solo di recitare”.

Hunnam apprezza le parole del suo ex collega dicendo:

“Non paragonerei la mia carriera a quella di Daniel Day Lewis – non ho illusioni di grandezza – ma mi è sempre piaciuto il suo approccio: è tutto incentrato sul lavoro, e quando non lavora, scompare nell’oscurità.”

Su “King Arthur – Il potere della spada”:

“Il viaggio di questo film è di qualcuno che deve affrontare demoni interiori mentre deve combattere anche sfide esterne; deve continuare a cercare il senso della sua vita… Si ritorna sempre al senso delle cose, no?”

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